Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Il diritto al calcio

Mercoledì 6 febbraio, a Bologna, si svolgerà l'incontro "Liberi di giocare". Un'iniziativa per far luce sulle difficoltà dei migranti di seconda generazione nel partecipare alla vita calcistica (e sportiva) in Italia

Foto di Antonio Amendola, Shoot 4 Changedi Fabrizio Pompei


BOLOGNA - Un bambino nato nel nostro Paese da genitori stranieri non riceve la cittadinanza italiana. Gli vengono così negati una serie di diritti fondamentali tra cui quello al gioco, dal momento che non potrà essere tesserato da nessuna società sportiva. Da qui nasce "Liberi di giocare", l'iniziativa promossa dall' associazione bolognese "W il calcio", in collaborazione con la Uisp Emilia-Romagna, che si terrà mercoledì 6 febbraio, alle 21, nella sala del Baraccano, in via Santo Stefano 119, a Bologna, proprio per discutere delle possibilità di garantire il diritto al gioco anche ai migranti di seconda generazione.

"Una soluzione al problema - afferma Carlo Balestri, responsabile del settore internazionale della Uisp - sarebbe quella di dare ai minori figli di stranieri gli stessi diritti dei loro coetanei italiani. Tutto dipende dalle federazioni: per il tesseramento di un bambino italiano occorre un solo documento e si fa riferimento al comitato provinciale di appartenenza. Tutto diventa molto più difficile per un bambino 'di seconda generazione' che deve presentare molti più documenti al comitato regionale. Ecco allora che il primo giocherà il campionato fin dall'inizio mentre il secondo perderà i primi mesi di partite solo per ragioni burocratiche".

Durante l'incontro si affronterà anche il tema della "tratta" di piccoli calciatori stranieri che, portati in Italia con la promessa di giocare nelle grandi squadre, vengono spesso abbandonati al loro destino. "È un problema - spiega Balestri - che si lega a quello precedente. Le federazioni sostengono che le loro politiche in tema di cittadinanza servono a contrastare proprio questo fenomeno. In realtà parliamo di un'azione indiscriminata che colpisce tutti allo stesso modo e che comunque risulta poco efficace: il sistema infatti viene facilmente aggirato facendo arrivare i piccoli calciatori attraverso altri paesi, spesso quelli balcanici, dove non esistono queste limitazioni".